Einar Selvik presenta, di fatto, il suo primo album solistico interamente acustico, che raccoglie nuove composizioni e interpretazioni di brani già editi, resi in chiave scaldica. Gli scaldi erano poeti e cantori di corte durante l’era vichinga, e componevano e cantavano versi epici, attingendo alla mitologia norrena, e utilizzando complicati dispositivi metrici. La parola skáld è collegata al proto-germanico skalliz e all’antico alto tedesco skal “suono, voce”, e appare quindi chiaro il forte legame con la narrazione orale e con le forme primordiali di musica d’accompagnamento.
Questa secolare e radicata tradizione artistica ha rappresentato, di fatto, l’origine stessa del progetto Wardruna, con cui Selvik, distanziandosi ormai del tutto dal black metal, ha compiuto un percorso di ricerca nell’eredità culturale del proprio paese, che lo ha portato sinora alla redazione della trilogia ambient-folk “Runaljod”, dedicata ai poteri magici ancestrali delle rune norrene.
“Skald”, quarto suo album con questo monicker, è decisamente più minimalista e primitivo, sia a livello concettuale che interpretativo, in quanto Einar si occupa da solo delle voci e del comparto strumentale tradizionale, cioè corno, taglharpa e lira kravik, impersonando, di fatto uno scaldo intento a narrare.
Ecco quindi dipanarsi le gesta di Ragnar Lothbrok, oppure la recitazione della storia di tre generazioni di una famiglia (“Sonatorrek”), discorsi indirizzati a Odino (“Helvegen” ed “Ein Sat Hon Uti”) e un invito atmosferico al canto e all’incanto (“Vindavla”), la lezione morale di “Fehu” e la mitologia norrena più pura (“Voluspa”).
Ciò che risalta di più è come questo album si muova oltre il mero citazionismo folkloristico, per diventare vera e propria poesia popolare in musica. In questo sono assai preziose le traduzioni in inglese dei testi, che consentono di apprezzare, oltre l’interpretazione lirica, anche il significato della narrazione.
“Skald” è dunque un ascolto assai particolare, che accantona giustamente lo sperimentalismo e la ricerca sonora dei lavori precedenti, caratterizzati anche dal notevole contributo di altri musicisti e interpreti, per concentrarsi completamente sul contenuto e sull’aderenza, simbolica, concettuale, tecnica, alla visione del mondo che l’autore ha scelto di rappresentare.
Il risultato in questo senso è lodevole e notevole, nella sua primordiale potenza espressiva e, per quanto non per tutti, può sicuramente interessare e appassionare i fan del dark-folk più esoterico, come Tenhi e Harvestman, ma anche gli appassionati di storia, miti e leggende norrene, che vogliano veramente immergersi con tutti i propri sensi in questa ambientazione norrena, ricca di fascino e suggestioni, perse in un altro tempo, in un altro spazio.
Adoro Voluspà e tutti i brani sullo stile vichingo che fanno fra l’altro parte di una delle mie serie preferite: vikings.
Riescono a trasmettere una carica emotiva unica e ti consentono di calarti nel mondo vichingo.
Sono profonde, tribali, bellissime
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Molto, molto interessante.
Musifa affascinante. Ottima immersione nella assonanze norrene.
Buon 2019 a Te.
banzai43
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Adoro questo album ❤
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